Saldatura ossiacetilenica

La saldatura ossiacetilenica è un processo di saldatura autogena tramite fiamma. Il gas utilizzato è una miscela di acetilene e ossigeno che permette di raggiungere una temperatura molto elevata (3030 °C).
Nonostante sia un sistema di saldatura piuttosto semplice, molto utilizzato nelle officine ed in cantiere perché l’attrezzatura necessaria è poco ingombrante e permette di eseguire saldature in posizioni piuttosto scomode, su tubazioni in prima passata.
Tramite la saldatura ossiacetilenica si ha una buona distribuzione di calore sulla superficie da saldare inoltre la fiamma  è rigida e quindi ben orientabile.
Di contro l’elevato e diffuso calore, genera zone termicamente alterate molto ampie e ritiri termici elevati. Il processo si applica limitatamente alla saldatura di spessori ridotti, viene quindi utilizzato per saldature di tubi non ripresi di piccoli spessori e lamiere di spessore compreso tra 6 e 8 mm.

La fiamma può essere suddivisa in tre zone:

  1. Una prima zona è quella immediatamente adiacente all’ugello del cannello; qui avviene la prima combustione detta appunto combustione primaria. L’acetilene reagisce con l’ossigeno fornito dalla bombola e forma monossido di carbonio e idrogeno che, in questa fase, non partecipa ad alcuna reazione. In questa prima reazione, a causa della insufficiente quantità di ossigeno che esce dal cannello, non avviene la completa combustione dell’acetilene, e la reazione esotermica fornisce circa un terzo del calore totale generato dalla combustione completa dell’acetilene. La combustione primaria è visibile sotto forma di piccolo cono denominato “dardo” in cui la temperatura è di circa 1200 °C.
  2. La combustione completa avviene nelle immediate vicinanze del dardo grazie all’ossigeno che circonda la fiamma stessa determinando una combustione secondaria che evidenzia  una nuova zona della fiamma denominata” zona riducente”; qui il monossido di carbonio liberato dall’acetilene reagisce di nuovo con l’ossigeno, che questa volta deriva dall’ambiente circostante, per formare anidride carbonica mentre l’idrogeno, anch’esso liberato nel primo stadio, reagisce con l’ossigeno atmosferico per formare acqua. Anche queste reazioni sono esotermiche e sono responsabili dei due terzi del calore totale generato dalla combustione completa dell’acetilene. In questa zona la temperatura è di circa 3100 °C.
  3. Lo sviluppo di calore mantiene poi i prodotti finali ad elevata temperatura dando luogo ad una maggiore luminosità dei gas e vapori prodotti fino a quando, con il calare della temperatura l’effetto svanisce; tale area viene detta” pennacchio”, ed è caratterizzata da una temperatura prossima ai 2400°C.

Tipi di fiamma

Fiamma neutra

Quando la combustione dell’acetilene in combinazione con l’ossigeno inizia in prossimità del cannello e termina nella parte iniziale del pennacchio, si ha una fiamma detta “neutra”.

Fiamma carburante

Se l’ossigeno erogato non è sufficiente per completare la combustione primaria dell’acetilene, la combustione di quest’ultimo sarà parziale e parte del carbonio costituente l’acetilene rimane libero nella fiamma e tende a passare nel bagno fuso: per questo tale fiamma viene detta “fiamma carburante”.

Fiamma ossidante

Contrariamente al caso precedente, la “fiamma ossidante”, la si ottiene nel caso di eccesso di ossigeno alla punta del cannello.
Con questa regolazione la combustione avviene immediatamente in prossimità dell’uscita del cannello con una conseguente riduzione, od eliminazione, della zona riducente.
La fiamma, in questo modo, tende a cedere ossigeno al bagno di fusione.

Attrezzatura

Ossigeno ed acetilene sono forniti da bombole collegate al cannello ossiacetilenico mediante tubi flessibili muniti di valvole di sicurezza. L’afflusso è regolato da rubinetti posti all’estremità dell’impugnatura, all’interno della quale i gas si miscelano nelle proporzioni richieste per poi passare attraverso la lancia e uscire dal beccuccio: quest’ultimo è intercambiabile in modo da poterne adattare il calibro al tipo di fiamma voluto.
La combustione dei due gas avviene all’uscita del cannello; la fiamma deve essere regolata in base al materiale da saldare ad alla protezione atmosferica  gassosa da applicare.

Cannello ossiacetilene

L’acetilene viene portata a contatto con l’ossigeno, per generare la fiamma, tramite il cannello, che miscela i due gas nelle quantità opportune per avere una fiamma con le caratteristiche richieste per la saldatura (alta temperatura ed ambiente riducente). La potenza del cannello è definita come la portata di acetilene (l/h) che può essere erogata dal cannello stesso. I cannelli possono variare la potenza o per cambiamento della testa (cioè la parte in cui avviene la miscelazione dei gas ed in cui è l’orifizio di uscita) o con un eiettore variabile e cambiando solo la punta (cioè l’orifizio di uscita dei gas miscelati).

I cannelli possono essere a bassa pressione (cioè con la pressione di ossigeno più alta di quella dell’acetilene), in questo caso l’ossigeno (alla pressione di 1-3 bar) viene accelerato in un eiettore e successivamente miscelato all’acetilene, che si trova a pressione atmosferica. In questo modo si ha un miscelamento superiore al teorico con conseguente maggiore consumo di ossigeno. Nei cannelli ad alta pressione ossigeno ed acetilene sono alla stessa pressione (0,5-0,75 bar), quindi non è necessario l’eiettore per la miscelazione che avviene fra gas alla stessa pressione. Lo svantaggio naturalmente presente con questi cannelli è la necessità di tenere l’acetilene ad una pressione relativamente elevata.

Il saldatore, nel corso delle operazioni di saldature deve regolare la fiamma in modo tale che resti sempre neutra o riducente. Ovviamente saldare in eccesso di ossigeno porta a difetti di saldatura come inclusioni di ossidi o incollature.

Difettologia

I difetti tipici della saldatura ossiacetilenica possono essere mancanze di penetrazione o incollature, dovuti ad un uso del cannello con un apporto termico insufficiente a portare il materiale a completa fusione sul fondo (mancanza di penetrazione) o sui lati, con formazione di ossidi, (incollatura) del cordone di saldatura. Mentre le mancanze di penetrazione sono facilmente rilevabili con un esame visivo, le incollature possono essere evidenziate solo con controlli volumetrici. Più raramente è possibile trovare inclusioni di ossidi o addirittura denaturazione del metallo (cioè un’alterazione chimica del metallo base ad opera della fiamma) dovute principalmente ad una regolazione di fiamma che porta a fiamma ossidante. Difetti di esecuzione, comuni anche ad altre tipologie di saldatura, sono i profili del cordone errati (eccesso di sovraspessore, mancanza di spessore, incisioni marginali), questi difetti in genere provengono da un’errata velocità di saldatura. L’eccesso di sovraspessore viene da un movimento in avanti del cannello troppo lento, mentre la mancanza di spessore viene generalmente da un movimento eccessivamente rapido. Le incisioni marginali possono venire anche da un’errata posizione del cannello (solco su un solo lato) o da un’eccessiva potenza del cannello (solchi su entrambi i lati).